Quinto Romano, borgo strategico da salvare
Al centro dei maggiori polmoni urbani.
Quinto Romano non è solo un dei borghi più belli, è anche uno dei più strategici. È detto così semplicemente perché situato a 5 miglia dal centro storico di Milano. Un miglio più in là c’è Quarto Cagnino. Si trova al centro delle quattro fondamentali realtà ecologiche che caratterizzano fortemente l’intera parentesi Ovest del Comune milanese. Luoghi noti come parco delle Cave, Bosco in città, Parco di Trenno e Parco Sud. Come dire le più vaste e particolari realtà ambientali della metropoli. In altri termini, Quinto Romano si trova al centro di un verde urbano connotato da giganteschi sforzi di recupero ecologico. Ognuno possiede una propria amministrazione gestionale affidata a istituzioni ambientaliste, con la sola eccezione dell’oasi verde di Trenno. Purtroppo, non basta per riqualificare questo nucleo storico, serve uno sforzo di coordinamento, uno studio d’ambito. E non c’è.
Chi sfortunatamente non ha un’amministrazione è, appunto, Quinto Romano. La sua notevole importanza strategica non è mai stata compresa. Il borgo è consegnato al caos urbanistico, a un mix male assortito di funzioni d’ogni tipo, all’indifferenza farraginosa, se non al degrado. Questo, nonostante la cura ammirevole dei privati, i quali bisogna dire (basta andare a vedere) non hanno mai smesso di credere nel recupero degli immobili datati. Non accade sempre nei borghi milanesi, quando c’è questo interesse, è un’autentica fortuna. Manca la mano pubblica, manca una visione d’insieme, un piano paesistico all’altezza. Non c’è un’isola pedonale capace di sposarsi con questi angoli ancora pittoreschi, per la fortuna di Milano. Bisogna avere il pollice verde per capire un borgo come il qui presente e a palazzo Marino hanno otto dita.
Il rapporto con Trenno
Questo angolo del territorio milanese è spesso indicato come “zona Baggio”. In verità era parte del Comune di Trenno fino all’assorbimento di Milano, avvenuto nel 1923. Ce n’è ancora traccia nella topografia: una piazza, Giosia Monti, cuore del borgo, e una via che lo circonda , Gaetano Airaghi, sono dedicate a due sindaci di Trenno, sebbene Quinto Romano abbia finito col diventare ben più importante, più strategico dell’ex Comune. E meglio conservato, anche se per vedere le antiche costruzioni rurali e gli impianti cascinali occorre sbirciare tra i portoni, andando oltre le facciate restaurate senza criterio, il cui unico scopo è renderle apparentemente moderne. Un altro legame con Trenno è la cascina San Romano, del XV secolo, oggi sede dell’amministrazione del Bosco in Città che, è bene esserne orgogliosi, è il primo esempio di parco naturale-urbano in Italia, completamente ricostruito in base alle piante tipiche di questo sito della pianura padna.
Lo zoo rurale
Un borgo dove l’orologio batte ritmi più lenti e invita a guardare altre epoche. Un tempo, Quinto Romano era Comune a sé. Durante la seconda metà dell’Ottocento è stato assorbito da Trenno, indi nel 1923 da Milano. Da allora, in alcuni angoli del borgo il tempo sembra essersi fermato. In bicicletta si entra e si esce da un parco per entrare in un altro passando proprio da qui o dalle sue propaggini, costituite da realtà rurali ancora attive e attività simili. Per esempio la cascina Caldera, sorta all’inizio del XVI secolo, situata nella via omonima, al bordi del parco delle Cave, è un autentico zoo rurale. Cavalli, mucche, maiali, capre e galline sono offerte alla comunicazione con i cittadini affinché riprendano un minimo confidenza con l’economia del passato. Affinché abbiano perlomeno un’idea di che cosa sia una civiltà rurale. A grandi e piccini sono riproposti i prodotti del posto o di cascine simili. Il suo contributo nel far vivere e nella manutenzione del parco della Cave, uno dei più belli in assoluto per un’area metropolitana, è fondamentale.
Panorama deturpato per ignoranza.
Davanti all’ingresso della cascina Caldera, guardando sulla destra, nelle belle giornate, si apre un notevole panorama. Emergono sullo sfondo le cime appartenenti al massiccio del Monte Rosa. Da qui le si osserva molto bene stando tranquillamente in piedi sul marciapiede. Non occorre avere il privilegio d’abitare ai piani alti per vederle. Qui ne possono godere democraticamente tutti. L’amministrazione comunale ha subito provveduto a collocare in mezzo al panorama due alti palazzoni e un distributore di benzina. Sì, davanti a una simile fotografia, invece di collocare un punto d’osservazione, un’altana magari, perché no? Palazzo Marino ha collocato alti blocchi di cemento. A Palazzo Marino non solo non hanno i pollici, ma non posseggono nemmeno gli occhi. Era troppo bella questa prospettiva per essere goduta senza ingombri idioti. Buttare giù i palazzi è impossibile, però se solo si togliesse il distributore dell’Agip, se solo quest’ultima comprendesse quale cattiva propaganda fa a se stessa, i milanesi otterrebbero già un significativo miglioramento.
Architettura contemporanea compatibile
Nel libro-ricerca Le cascine di Porta Vercellina, di Angelo e Gianni Bianchi, ne sono indicate otto di cascine, a Quinto Romano, di cui demolite quattro e operanti solo due o tre. Un paio sono state ristrutturate e destinate ad abitazioni, quindi dopotutto a loro modo conservate (sempre meglio che abbatterle). I loro nomi: Brivio, Ghiglia, Colombera, Del Bosco. Potete chiedere dove sono situate alla gente del posto, sperando lo sappiano, perché non è detto. Qua e là, anche in mezzo ai palazzoni moderni, si notano ancora gli alvei di qualche fontanile circondato dalle caratteristiche piantumazioni. La zona qui ne è piena, ma non ne troverete uno in funzione. Come Ronchetto delle Rane, talvolta Quinto Romano suscita interesse nel tentativo di riproporre un’architettura compatibile con le linee del passato esistenti accanto, in specie nella triangolare piazza Giosia Monti, la più storica, che meriterebbe la pedonalizzazione. Chissà quando lo capirà, il Municipio 7. Ma lo sa, almeno, di “possedere” uno degli angoli più belli e interessanti di Milano?
Cascine ristrutturate a uso abitativo a Q. R.
Scorci del borgo
Piazza Giosia Monti, cuore del borgo
Un ex convento che nel ‘600 diventa villa
Probabilmente la proprietà era dei conti Rainoldi, veri e propri feudatari delle terre circondanti il borgo. Ancora nel Medioevo l’edificio era un convento, ma nel corso del XVII secolo fu trasformata in villa padronale di lusso. Gli archi erano più dei tre che si vedono adesso, anzi, c’era un vero e proprio portico che in occasione della trasformazione fu in parte murato, come si potrà notare dalla colonna in parta incassata. Rimasero scoperti solo questi tre archi. Sopra l’arco centrale, un balconcino in ferro battuto, stile barocco. I capitelli delle colonne riportano scolpito uno scudo ciascuno. Lo strumento di difesa non è stato più utilizzato in guerra dall’introduzione delle armi da fuoco. Come si può vedere, la villa è stata recentemente restaurata.
Sarebbe da gestire molto meglio Quinto Romano, rendere i marciapiedi più accessibili , rendere efficiente l’ ufficio postale di Caldera con personale all’ altezza loro ruolo , controllare chi entra con moto roboanti dentro il Parco delle Cave , zona Ongari , certi bar mal frequentati ….
Manca teatro cinema ma soprattutto luoghi veri di aggregazione per i giovani , centri sociali.
E dare una controllata a chi di notte spara botti nel parco e perché lo fa …
Inoltre medico di base inesistente , la 80 salta molte più corse …
Un bel quartiere abbandonato a se stesso dal Comune
MM sta facendo indagini geognostiche per fattibilità estensione metro lilla, se dovesse arrivare un progetto e in futuro esecuzione, sarebbe un poco più attenzionata. Al momento qualità servizi ed esercizi commerciali molto pessima. I giovani del quartiere rassegnati al degrado e pessimo esempio per i più adolescenti.