Festa a San Marco dei Cavoti (Bn) «E A ME MI PIACE IL GRANO»
Il paesaggio naturale senza sovraccarichi di cemento e senza archistar o volgari esibizioni di ricchezza fuori scala. Con Luigi Fuschetto, pittore en plein air del Sannio, il gradito ritorno di un protagonista rimosso: il frumento
C’è un posto dove il grano è sempre sullo sfondo, dove non è passato di moda, dove non è visto con orrore da chi lotta con la bilancia, dove la sua coltivazione non è bollata come antimoderna dall’architettura razionalista più radicale. San Marco dei Cavoti ospita da almeno un paio di secoli, la seconda domenica di agosto, la festa del carro, abbinata al culto della Madonna del Carmine, portata in processione lo stesso giorno sotto un trionfo di luminarie (quest’anno, ovviamente, si è tenuta in forma molto ridotta). Il paesaggio circostante si presta ad immagini impressioniste.
soggetti sempre bucolici
Nel significato esoterico, il carro rappresenta il sole, il grano ne è figlio, il prodotto fondamentale, usato in pratica come moneta di scambio, tanto che ancora oggi è sinonimo di denaro (al nord anche pronunciato al femminile). A San Marco, nei vari rioni, le piante di grano diventano materiale artistico e ne escono delle sculture straordinarie. E’ un borgo di 3500 anime, famoso per le fabbriche di torrone, “il più buono del mondo” e anche tra i più lunghi del mondo: 56 metri nel 2016, record realizzato ogni anno a dicembre, sotto Natale, quando anche tale dolciume qui ha la sua apposita festa.
San Marco, occorre sapere, è un borgo-presepe tra i più belli d’Italia e proprio dalla realizzazione dei presepi, che in queste zone è una grandiosa tradizione artistica, proviene Luigi Fuschetto: dipingendone i fondali, ha imparato a esprimersi come pittore en plain air, in piena aria, all’aperto.
Ognuno dipinge il cielo che vede sopra casa sua. E se altri, a Milano, esprimeva con la pittura le terribili mura periferiche della Bovisa, scheletri di gasometri, cieli grigio caligine, ossia quello che effettivamente vedevano i milanesi sopra di loro, perché la realtà di Milano era e in forme diverse è ancora quella, qui a San Marco, borgo del Beneventano a un’ora da Campobasso, il 53enne Fuschetto all’opposto non ha visto che cieli azzurri, colline con tutte le gradazioni del verde, fitti boschi, ovunque fili d’erba, campi di grano, aree umide. Tutta robaccia demodè, a Milano, scherziamo? Non fa avanguardia, non è chic. Qua intorno di cemento non ce n’è, non si guadagna.
paesaggio de-antropizzato
In abbinata ai quadri, Fuschetto colloca versi di Giovanni Pascoli (1855-1912), di cui si ricorderà la poetica del fanciullino. Non è un caso, perché solo con gli occhi di un bambino non ancora alle prese con tablet e playstation, grattacieli e videogame, si può ancora rimanere incantati dal paesaggio creato dal sole e dal grano. Difficile vedere nei quadri di Fuschetto una figura umana, o qualcosa che non sia un borgo (e solo da lontano) o una casetta dal tetto rosso spuntare dal bosco. Mentre la moderna urbanistica teorizza la “densificazione”, Fuschetto de-antropizza, torna alle salde radici della terra che qui nel Beneventano è straordinariamente ricca di paesini gioiello, di strade provinciali senza nemmeno un sacchetto dei rifiuti sul ciglio, di edifici senza la pretesa di “bucare” lo sfondo, di “rompere” gli aspetti secolari, di evidenziare il protagonismo dell’archistar di turno. Aria, qui si respira soprattutto aria.
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