LO “SCORRERE DEL TEMPO” IN UN ANTICO BORGO DA PRESEPE
San Marco dei Cavoti ospita due musei: uno degli antichi orologi da torre e uno degli oggetti di consumo del XX secolo, ambedue “unici”
Sua santità il tempo, sua maestà il tempo, sua eminenza il tempo. San Marco dei Cavoti, vicino a Benevento, è classificato come uno dei borghi più belli d’Italia. Trovandosi a circa 700 metri d’altezza ed esposto com’è al clima di montagna, s’arrampica sul pendio creando un paesaggio tipicamente da presepe napoletano. E qua la neve, in inverno, scende. San Marco è un po’ isolato dal resto della Campania, costituisce un nucleo a sè, ma odia rimanere lontano anche dalla Storia. Piccolo com’è (non più di 3.500 anime, sebbene 50 anni fa furono anche 5.000), possiede due musei, ambedue legati al tempo nell’accezione astratta, alla sua indecifrabilità filosofica
C’è un Museo degli orologi da torre e c’è il Modern, Museo della pubblicità, del packaging e del commercio. Ambedue sono probabilmente unici in Europa (se non nel mondo). Il primo espone la collezione del maestro orologiaio sammarchese Salvatore Ricci: comprende numerosi esemplari di orologi e meccanismi dal XVI secolo in poi. La collezione è sotto la tutela del CNR: sono i primi orologi meccanici mai inventati dopo la clessidra. Anche questi sfruttano la gravità.
Gioco di corde e contrappesi
La loro struttura era composta da un complesso, geniale ingranaggio alloggiato all’interno di una grande ingabbiatura di ferro, incassata nella muratura della torre, appena dietro l’orologio (vedi foto a fianco). L’ingranaggio era mosso dalla forza di trazione di tre pesi in pietra (poi ne bastarono due) appesi a delle corde a loro volta arrotolate a un rullo che muove una sacco di rotelle dentate, in modo da determinare un moto continuo di sali-scendi, garantito dalla gravità imposta dai pesi in lento srotolamento e in moto alternato. Il congegno tecnico era detto a ‘scappamento’ (non chiedetemi perchè, non sono un fisico, forse si ricollega al tempo che se ne va, “scappa via”).
oggetti quotidiani? storia
Il Modern è aperto al pubblico dal 7 dicembre del 2016. Affiliato al Fai, raccoglie pubblicità, packaging (confezione di un prodotto) e oggetti particolari del commercio legati al XX secolo. Sembrerà strano, ma effettivamente chi è nato dopo il 2000 di quel secolo non ha visto nulla di persona, salvo immagini fotografiche, cinematografiche o televisive. Qui può vedere ricostruiti vari ambienti: com’era lo studio di un medico, di un fotografo, il negozio di un barbiere anni 20. Com’era fatto un grammofono e che come riproduceva i suoni dal disco? Qua c’è tutto. Il paesello ha raccolto un campione di tutto quello che gli è passato davanti. Per noi adulti qualcosa è scontato, ma se vedeste i ragazzini come si divertono da matti.
Rassegna stampa dell’altro ieri
Questo museo del passato consumistico e del “futuro sorpassato”, ossia della pubblicità che prefigura pur sempre un prodotto fruibile a breve, è un po’ come il mitico cimiero degli elefanti, luogo mitologico della cultura africana dove, secondo la leggenda, i pachidermi più anziani si dirigono istintivamente quando raggiungono una certa età per non farsi vedere morire dal branco. Una casa di riposo dell’oggettistica, straordinariamente efficace nel restituire l’atmosfera del tempo. Per esempio, il deplian della ditta che vende “spolverini”(il sopra abito usato per proteggere gli abiti dalla polvere), indossato da spazzini operai, impiegati, domestici come da sacerdoti, rivela quanto, a differenza di oggi, fosse diffusa quest’ultima occupazione.
I titoloni dei giornali sul delitto Matteotti, sull’abdicazione del Re, sul rapimento Moro, sono una vera e propria rassegna stampa d’epoca, impareggiabile nel restituire l’atmosfera dei fatti storici. Insomma, la lezione di storia qui non è mera ripetizione di date e di nomi. E roba autentica, ecco l’enorme valore educativo. Molti di questi oggetti potrebbero essere disposti in modo da arredare intere stanze d’epoca, peccato che lo spazio non sia sufficiente. Il Modern, infatti, è collocato nell’ampio solaio del palazzo nobiliare facente capo all’antica famiglia Jerlardi, di cui Andrea, il discendente diretto, è l’inventore e il raccoglitore degli oggetti esposti.
a scuola del tempo
Un museo che è una via di mezzo tra la scuola di scenografia, la ricostruzione cinematogafico-teatrale e la lezione di storia ma anche di design industriale, di conquista del mondo da parte dell’industria e il consumismo, che ha eliminato, se non altro, il fetore degli abiti poco lavati e dell’alito cattivo. Va sottolineato trattarsi di qualcosa di unico, non c’è in Italia e nemmeno in Europa, una cosa simile.
Torniamo per un momento all’altro museo di San Marco. Accanto agli orologi da torre sono state collocate permanentemente le fotografie di persone centenarie, di cui il paese è particolarmente ricco. L’accoppiamento fa tenerezza. Un settantenne, qui è ancora un ragazzino. In genere si passa a miglior vita dopo quota 90. Per spiegare la funzione etica del Tempo, la sua collocazione nel ciclo universale, bisogna ricorrere alla poesia, in particolare a un incredibile poema di Francesco Petrarca, I Trionfi, dove una successione di sei eventi: Amore, Virtù (Pudicitiae), Morte, Fama, Tempo, subentrano trionfando l’uno all’altro per precedere l’Eternità, che poi nessuno da cos’è, ma tutti sanno che c’è.
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