Cascella a Milano

CASCELLA A MILANO E IL SUO GIRO FRA PORTELLO E I NAVIGLI

L’artista, milanese d’adozione, ha dipinto molti angoli della Vecchia Milano. Due furono distrutti (come tanti altri) dal  modernismo tipico del ‘900. Il suo sguardo è l’ultimo prima delle devastazioni. Tre “sue” piazze, però, oggi sono isole pedonali 

Michele Cascella, Ingresso al Portello

Articolo di Roberto Schena

Diversi artisti noti a livello milanese, nazionale e internazionale, hanno ritratto spesso angoli della Vecchia Milano che oggi si cerca, con difficoltà, di salvare. A parte i nomi di veri e propri maestri paesaggisti del XVIII e XIX secolo, come Angelo Inganni, Giovanni Migliara, Giuseppe Canella, Luigi Bisi, Giovanni Segantini, ci sono i grandi del Novecento, come Ettore Cosomati, Filippo De Pisis e Michele Cascella. La ragione è molto semplice: i quadri ritraenti vedute della città d’antan vendono. Hanno mercato. Piacciono alla gente, che li compra perché – se sono ben fatti – vi scorge un’emozione, un messaggio bellezza interiore, non solo esteriore.

Difficile difendere l’antico

Cascella, Piazza della Repubblica, 1957

Vale la pena di sottolineare come i nuovi grattacieli siano ultrafotografati da chiunque, ma quasi mai diventano oggetti da ritrarre in un quadro. Ci hanno provato in molti, anche Cascella, ma con risultati non comparabili. Al contrario, la Vecchia Milano e l’ambientazione del borgo d’epoca in genere, sono materia sia per la fotografia, sia soprattutto per la pittura, senza paragoni.

Uno degli artisti colpiti dalle vedute d’epoca caratteristiche della città ambrosiana, sapendo rappresentarle al meglio, è il già citato Michele Cascella. Accade spesso a pittori non milanesi, era nato a Ortona (Chieti), nel 1892; morì a Milano, sua città d’adozione, quando gli mancava un triennio per compiere il secolo di vita. I suoi quadri, sebbene accusati di concessioni alla commerciabilità, sono esposti in tutti i maggiori musei del mondo. Cascella è un paesaggista post impressionista, crepuscolare, ossia l’opposto del poeta-vate, lontano dai Carducci e dai D’Annunzio, semmai il poeta modello è Giovanni Pascoli. Milanese d’adozione, nel 1919 visse per qualche mese in via Tadino 8 insieme a un altro grande esponente del crepuscolarimo, il poeta Clemente Rebora (Milano, 1885 – Stresa, 1957), da cui in quella fase trasse ispirazione.

Tra la Bullona e San Siro, nel cerchio rosso l’ubicazione della cascina Portello in una mappa di Milano di fine 800

Cascella resta lontano, almeno per tutta una prima fase, dai grattacieli e dalle fabbriche. I quadri ritraenti la Vecchia Milano sono parecchi. In questa pagina ne commentiamo alcuni tra i maggiormanete significativi.  L’ingresso del Portello, del 1928, fissa per sempre sulla tela un cascinale dove c’era un’osteria. Realizzato in inchiostro di china e acquerello su cartoncino, 46 x 59 cm, oggi fa parte della Collezione Fondazione Cariplo. Due quadri Cascella li ha dedicati ai navigli milanesi, sapendo della loro prossima copertura. Ambedue hanno per soggetto lo stesso punto, uno in inverno e uno estivo: il primo è solitamente intitolato Lungo il Naviglio e un altro Navigli a Milano. A pochi metri, c’è Via San Calimero,  realizzato decine di anni dopo, nel 1966.  Tutti quadri acquistati ancora nel 1929 dalla Fondazione Cariplo. 

Cascina Portello

Scrive il critico d’arte Antonella Crippa: “L’ingresso del Portello raffigura la porta della Cascina Portello, situata nella zona ai margini dell’omonimo borgo agricolo alla periferia nord di Milano”, fra la Ghisolfa e San Siro. Il sito è stato sottoposto a un drastico abbattimento per far posto agli stabilimenti dell’Alfa Romeo. Ancora oggi, l’area porta quel nome plusisecolare che si riferisce a un ingresso, detto portello, appunto, posto nei paraggi, comunicante con una galleria collegata al Castello Sforzesco. Ê l’unica immagine che ci sia rimasta di quell’antico complesso rurale, citato dalle mappe più antiche.

Lo stabilimento Alfa Romeo del Portello in un disegno tecnico degli anni Trenta

Cascella, continua la Crippa, “dipinge la scena mettendo in evidenza i bambini scalzi, le galline e la statua della Madonna” posta sull’arco, nonché l’affresco religioso posto sulla destra, il campanile a vela, privo di campana, posto sul tetto. La presenza di un affresco sul muro appena più sotto potrebbe indicare che lì c’era l’oratorio.

L’opposto di Sironi & C.

Oltre l’arco d’ingresso, si stende una strada di campagna che sembra portare verso le estensioni a marcita, ma un cancelletto rivela la presenza di un orto e, poco più in là, di pali e fili della luce. Un punto di vista opposto alle desolanti periferie operaie di Mario Sironi e al trionfalismo dei futuristi. “L’artista, infatti, intende rappresentare ciò che rimane piuttosto che quello che si trasforma”. In effetti, la cascina Portello doveva portare non meno di 500 anni di vita, mentre la vita della fabbrica Alfa Romeo, costruendo la quale hanno abbattuto la cascina dipinta da Cascella, non è andata oltre i 50 anni. Fallita, è divenuta “area dismessa”, i fabbricati abbattuti, così oggi non abbiamo più né la cascina plurisecolare, né la fabbrica. Del glorioso marchio automobilistico, che sembrava un mito intramontabile, cinquant’anni dopo non restano che fotografie e ricordi. 

Uno sguardo ai navigli

Cascella, Lungo il Naviglio, dipinto tra il 1924 e il 1929

Dei navigli, Cascella dipinge lo stesso posto sia durante la stagione prima dell’autunno, l’estate, sia durante l’invernale. Lungo il Naviglio, è stato dipinto fra il 1924 e il 1929, poco prima della scomparsa di questo scorcio così tipicamente stendhaliano, dovuta alla copertura della Cerchia Interna, realizzata fra il 1929 e il 1934. Oggetto d’interesse è il palazzo dei Visconti di Modrone, per giunta andato distrutto durante la guerra. Un solo segmento, la balaustra barocca, è rimasto in piedi. Da lì spiccavano gli elementi essenziali di paesaggio preferiti dal Cascella: gli alberi, le case, l’acqua, la strada.

Giuseppe Canella, “Il Naviglio di via San Damiano”, 1845

Il posto è stato scelto da diversi pittori prima di lui, tra cui Giuseppe Canella, autore di una splendida tavola datata 1845, conosciuta come “Il Naviglio di via San Damiano” nell’attuale in via Visconti di Modrone. Vi si vedono alberi dalle foglie un poco ingiallite, parecchi passanti in abiti autunnali, carri trainati da cavalli, ben tre barconi. Il movimento raffigurato è decisamente lento: due cavalli sono fermi, l’andatura di altri due, montati da altrettanti cavalieri, è al passo; i barconi sono immobili all’approdo, c’è gente seduta sui tipici parapetti in granito. Il movimento scenico è sonnacchioso, solo le nuvole sembrano inquiete, fa pensare a un presagio del ’48.

L’ultimo inverno del naviglio

In Lungo il Naviglio, Cascella mostra alberi quasi completamente liberi dalle foglie e, soprattutto, spicca la spolverata di neve, probabilmente la prima, a giudicare dallo scarso accumulo sul parapetto della fossa interna, dove peraltro nessuno si siede. I pochi passanti sembrano avere fretta, portano il cappotto e si nota un’automobile.

Cascella, Navigli a Milano, 1926

Nella versione estiva, chiamata Navigli a Milano, realizzata dal Cascella nel 1926, la scena è ancora più deserta e malinconica, il palcoscenico affollato del Canella è quasi completamente sparito, si nota chiaramente un solo pasante mentre altri sono meno nitidi e quasi confusi col colore. E niente barconi. Insomma, in ambedue i dipinti dell’artista abruzzese, la gente c’è ma è assente, disinteressata al luogo, sembra avere altro per la testa.

Via san Calimero

Ê curioso vedere come Cascella continui a dipingere la Vecchia Milano anche nel dopoguerra, anche e soprattutto con la forte espansione edilizia dagli anni Sessanta in poi. Via San Calimero, dipinto nel 1966, è il ritratto di una via della Vecchia Milano con una storia tormentata da restauri sbagliati, eseguiti nel corso del XIX, ai danni della basilica di San Calimero, una delle più antiche della città, risalente all’era paleocristiana, intorno al V secolo.

Cascella, Via San Calimero, 1966

Il panorama della strada, una delle più anguste nel centro storico, di impianto urbanistico  antico-medievale, è rimasto oggi tale e quale l’aveva dipinta il Cascella oltre mezzo secolo fa. La strada è pedonalizzata, ma ai tempi del Cascella non lo era, per cui si vedono due automobili parcheggiate. La casetta gialla posta accanto al fianco sinistro della basilica è sede dell’Archivio diocesano.

La magia del quadro è nella netta contrapposizione tra il lato storico-artistico-monumentale (dove ci sono basilica e archivio diocesano) e il lato opposto della via. Qui prevale un muro, alto e lungo, atto a nascondere l’interno e a impedire la comunicazione. Infatti, quel muro a suo tempo appartenente a un monastero di monache di clausura. Il “niente”, il nulla del muro, scrostato e periodicamente devastato da scarabocchi, quasi il riflesso del cielo plumbeo, è la morte alla vita civile imposta dalla regola, potenzia il valore dell’antica basilica. Un angolo di religione della vecchia Milano. 

a caccia di chiese paleocristiane

Cascella, San Nazaro in Brolo, 1957

Gli esterni di chiese paleocristiane sono soggetti ricorrenti in Cascella. Altri due quadri ne sono protagonisti: la chiesa di San Nazaro in Brolo, risalente al IV secolo, che precede il porticato dell’Ospedale Maggiore (Ca’ Granda, oggi università statale), opera del Filarete, e Sant’Ambrogio, dipinto del 1927, dove torna il tema del grande muro separatore e degli alberi atti ad accogliere serenamente la vita.

San Nazaro in Brolo affacciato sulla via Festa del Perdono insieme al porticato del Filarete, è del 1957, ed è anche questo uno scorcio della Vecchia Milano già dipinto da altri grandi pittori (per sempio il Migliara), sempre ricco di presenze umane durante festività, sia solenni, sia profane come il carnevale. Qui invece prevalgonorogio, figure femminili e infantili, riprese in un giorno qualsiasi, mentre in primissimo piano sosta una dozzina di piccioni che ricordano delle galline vaganti per l’aja di cascina Portello. Più lontano, nel centro esatto del quadro, un’unica automobile percorre la celebre via quasi prefigurando la pedonalizzazione avvenuta treo quattro decenni successivi. Oggi, la strada del quadro è tutta un marciapiede, ospita un lungo posteggio di bicicli.

sant’ambrogio nascosta

Cascella, Sant’Ambrogio, 1927

Di Sant’Ambrogio, Cascella scherma quasi competamente la monumentalità della basilica datata IV secolo, già cattedra di Sant’Ambola. È tradizionalmente considerata la seconda chiesa per importanza della città dopo il Duomo di Milano. Cascella la nasconde dietro due barriere: una fila di alberi e dietro un muro, solo la torre emerge in tutta la sua altezza. Si notano bambini, donne, un tram in un paesaggio autunnale. La pedonalizzazione totale della piazza ne fa un angolo somigliante e ancora esistente, il muro c’è ancora e probabilmente sono gli stessi alberi dello stesso filare di tigli.

Ovviamente, Cascella non ha dipinto solo navigli e chiese di Milano. La città dove aveva scelto di vivere era spesso oggetto dei suoi quadri, anche le vedute con i grattacieli lo affascinavano, questo per dire che non può essere accusato di “passatismo”. Durante i suoi viaggi ha dipinto parecchie vie e piazze della Parigi moderna, di Londra e di New York con tutti i suoi grattacieli.  Artista culturalmente molto equilibrato, è vicino al gusto popolare, evitando di cadere nel classico o negli estremismi, nelle forme urlate. Poiché tutte e tre le basiliche paleocristiane si affacciano su aree totalmente pedonalizzate, ci rimane l’illusione che Cascella abbia contribuito a preservare il più possibile inalterati questi tra scorci della Vecchia Milano, che i suoi dipinti abbiano portato bene a questi tre angoli di città.

IL CONFRONTO

 




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